PERCHÉ STUDIARE L'IRPINIA?
di Stefania Longo
Ecco la domanda che se mi faceva quasi ogni giorno per gli ultimi due anni.
All'inizio di questa ricerca non sapevo veramente cosa rispondere e, di solito, la mia risposta era "Perché voglio studiarla".
Poi le domande hanno cominciato a richiedere risposte più dettagliate.... "Sig.na Longo, con tutti gli altri campi dell'italianistica e tutte le altre zone dell'Italia più meritevoli di uno studio, perché scegliere di fare un'analisi sulla letteratura proveniente dall'Irpinia?"
Ovviamente dovevo lottare per il tema che ho scelto di analizzare molti mesi prima della vera presentazione della mia ricerca.

Riflettendo un po', posso capire perché la mia scelta dell'Irpinia come oggetto della mia ricerca non era ben accettata. Il Mezzogiorno d'Italia non è una zona spesso studiata qui  in America e, perciò, non si conoscono bene i fatti.
Nell'immaginazione collettiva americana, il Meridione di oggi è ancora come quello sottosviluppato e contadinesco trovato in "Cristo si è fermato ad Eboli" di Carlo Levi anche se quel libro è stato scritto più di 50 anni fa! Un'italianista definita meridionalista come me non studia il cosiddetto "problema meridionale"

o altri "problemi" della zona; lei studia, invece, la storia, la cultura o la letteratura della zona—insomma studia tutto quello che rende la zona speciale e meritevole di uno studio dettagliato. Ed il lavoro più importante di una meridionalista che lavora qui in America è di far sparire i vecchi stereotipi del Mezzogiorno che la mostrano come la zona sottosviluppata e contadinesca del libro di Levi. E questo è quello che ho cercato di fare ne "La modernizzazione dell'Irpinia vista attraverso la letteratura italiana pubblicata dopo il 1980."

Il punto di partenza di questa ricerca si trova negli eventi del terremoto del 1980 come sono presentati nel racconto “Terra” di Tina Rigione. Si vede che l’Irpinia “contadinesca” è sparita il giorno del 23 novembre 1980; il crollo degli edifici serve come simbolo che il vecchio mondo irpino non esiste più. Una scelta vitale si è presentata, allora, agli Irpini: cambiare col tempo o rimanere nel passato. Tina Rigione ci mostra in “Terra” che gli Irpini hanno scelto di andare avanti col tempo dopo il terremoto. L’Irpinia che Rigione ci mostra è un’Irpinia che è come qualsiasi altro comune mondiale: ci sono problemi in Irpinia come ce ne sono dappertutto; ci sono istanti d’abuso, di difficoltà finanziari e di crimini in quest’Irpinia moderna come ce n’erano nella vecchia Irpinia ma la differenza fra la vecchia e la nuova Irpinia è che questi istanti non sono più nascosti. L’atto di rendere evidenti questi istanti è un buon passo verso la modernizzazione della zona—l’Irpinia non è un’utopia nel quale niente di terribile succede; invece in quest’aspetto è una terra come qualsiasi altra terra mondiale, ovviamente con delle bellezze da scoprire.

Se il racconto “Terra” di Tina Rigione ci mostra l’inizio, o il passato, della modernizzazione dell’Irpinia; Emilia Bersabea Cirillo ne Il pane e l’argilla ci mostra la situazione presente della modernizzazione della zona. Il libro stesso è una serie di riflessioni dell’autrice dopo aver girovagato nei vari comuni dell’Irpinia; coi suoi viaggi in Irpinia, Cirillo vede chiaramente com’è cambiata la vita irpina dopo il terremoto. L’Irpinia che Cirillo vede è vuota di gente perché tutti vogliono andarsene per trovare lavoro invece di rimanere. Cirillo capisce che la vera identità dell’Irpinia, o il suo “nucleo”, si trova nell’identità contadinesca della zona. L’Irpinia non può mai separarsi dalla sua eredità, deve usarla per farsi sviluppare. Ogni angolo dell’Irpinia è ricco di tradizioni contadinesche e si deve capire questo per cominciare a modernizzare la zona. Cirillo ci invita a renderci conto che l’Irpinia non è più la zona del terremoto come se la vede negli stereotipi americani della zona; è altro. L’Irpinia non merita essere dimenticata; ha un futuro che sarà pieno di belle cose perché ora le persone lì capiscono il bisogno inerente di modernizzare la zona e darla una via allo sviluppo.
Il futuro dell’Irpinia si trova descritta perfettamente nelle pagine di Lezione d’Amore di Giuliana Caputo. Si capisce subito dopo aver cominciato a leggere questo libro che l’Irpinia moderna vista da Caputo è basata sulla buona formazione scolastica delle future generazioni che saranno veramente quelli che compierono la modernizzazione della zona. Questo libro epistolare, scritto da Caputo ad un suo alunno Antonio, serve come un appello ad azione per cambiare il sistema scolastico irpino e portarlo nell’epoca moderna perché possa fare abbastanza attenzione ai bisogni degli studenti. Una delle cose che Caputo ci dice in questo libro è che lo stereotipo del contadino irpino dev’assolutamente sparire perché la zona diventi moderna; questo si mostra nella situazione d’Antonio all’inizio del libro: lui non sapeva né leggere né scrivere. Il piccolo Antonio serve come simbolo della rinascita dell’Irpinia perché lui e gli altri bambini irpini meritano un sistema scolastico che darà loro l’opportunità di superare la loro sorte e diventare i leader di domani nella valle. Alla fine del libro, Caputo ha fatto del progresso con Antonio e lui sapeva leggere e scrivere un po’ ma si sa che ci sono altri bambini come Antonio che non avranno mai queste opportunità a causa del sistema scolastico irpino. Caputo ci mostra che è necessario dare un miglior livello d’istruzione alle prossime generazioni perché loro saranno i veicoli della cultura irpina negli anni da venire.

Ma è importante ricordarsi che la cultura irpina ha già molti propugnatori come Tina Rigione (che è anche Presidente dell’Associazione Culturale “Per Caso Sulla Piazzetta” ad Avellino), Emilia Bersabea Cirillo e Giuliana Caputo ed anche Alfonso Caccese ed Angelo Siciliano che hanno pianificato questa conferenza sull’“irpinistica” (studi irpini). C’è un vero bisogno di mostrare tutte le bellezze culturali, letterari e storie della valle verde, soprattutto qua in America. Per darvi un esempio, pochi giorni fa ho visto un’emissione televisiva chiamata “Visioni dell’Italia del Sud” nella quale hanno profilato ogni zona considerata importante del Mezzogiorno. C’erano, ovviamente, Napoli, la Costiera Amalfitana, Reggio di Calabria, ecc ma non c’erano l’Irpinia, la Basilicata o la Puglia. Perché? Forse perché non fanno parte del Mezzogiorno vista dagli occhi americani che lo vedono come il mondo del mare, delle isole, de “La Dolce Vita”. Le zone contadinesche servono come ricordo del passato degli Italoamericani, un passato che molti di loro vogliono dimenticare. Non posso nascondervi la mia irritazione con quest’emissione perché non hanno detto niente del fatto che la maggioranza degli italoamericani può rintracciare le loro origini al Sud d’Italia. Come si può capire il proprio passato senza voler prendere il tempo per studiare la zona d’origine dei propri avi? Questa mia ricerca serve anche a mostrare agli Italoamericani che le vecchie zone intere dell’Italia meritano uno studio. È la mia speranza vedere un giorno studi sulla letteratura dell’Irpinia, la Basilicata, la Calabria o altre zone del Sud.

Per meglio promuovere questo mio desiderio, ho aggiunto alla versione finale della tesi un’appendice di poesie e dipinti irpini che non si trova nella versione presentata all’Università di Scranton da dove ho ricevuto la mia laurea in italianistica. Le poesie includono anche una di Angelo Siciliano preso da Lo zio d’America chiamato “Li tirramuti” per meglio mostrare che è importante conservare i dialetti irpini perché essi fanno anche parte della cultura irpina. Siciliano ci mostra che i dialetti irpini devono essere conservati perché si trova in loro la matrice della cultura e del passato dell’Irpinia. È anche importante menzionare qui che molti Italoamericani che non sanno leggere italiano possono leggere i dialetti dei loro avi; così le poesie di Siciliano possono dare agli Italoamericani di origine irpina la possibilità di imparare della loro eredità.  In seguito alle idee trovate in Lezione d’amore di Giuliana Caputo ho aggiunto “Il mio paese” di Marina Troiano, una giovane studentessa di Guardia dei Lombardi che ha scritto questa poesia per un’iniziativa chiamata “Il mio paese” di “Altirpinia” che è stata sviluppata per dare ai giovani l’opportunità di scoprire e di celebrare le bellezze dei loro comuni d’origine. La poesia di Troiano ci mostra chiaramente che i giovani irpini sono veramente orgogliosi di essere nati nei loro comuni rispettivi e che, con iniziative come quella di “Altirpinia” che insegnano loro del passato della loro zona, i giovani irpini sapranno aggiungere alla crescita culturale che sarà il vero futuro della valle..

Allora, per rispondere alla domanda “Perché studiare l’Irpinia?” io direi che è necessario studiare l’Irpinia perché è una terra che è ricca di storia, di tradizioni e di letteratura che meritano essere scoperte non solo in Italia ed in America ma anche attraverso il mondo. È vero che quando un Americano pensa dell’Italia, la sua mente vola verso luoghi come Napoli, Firenze, Milano o, certamente, Roma ma l’Italia non sarebbe l’Italia senza luoghi come l’Irpinia. Forse l’Irpinia non è un centro industriale ma è un centro tradizionale. Gli Irpini sanno che la modernizzazione della loro zona deve includere la conservazione del loro passato e delle loro tradizioni; una lezione che loro dovrebbero insegnare agli Americani che buttano giù gli edifici se hanno più di 30 anni e che non leggeranno mai un libro se non è al momento un Best-Seller del New York Times. Gli Irpini di oggi sanno che il loro passato è il suo vero e proprio tesoro ma non vogliono tenerlo nascosto per l’eternità; vogliono condividerlo col mondo intero per mostrare che, nelle parole di Elio Guerriero, lo scrittore de Gli occhi del lupo, “anche i contadini hanno una dignità” o in altre parole “anche i contadini hanno un orgoglio e meritano rispetto”. Allora ai miei critici, rispondo “Studio l’Irpinia perché voglio imparare delle tradizioni della vecchia Italia che sono ancora mantenute in questa bellissima zona che ha completamente dato un nuovo significato alla parola ‘moderna’ e queste tradizioni sono presentate nella letteratura che viene da quella zona”. L’Irpinia moderna è basata sul suo passato e questo passato non può che abbellire il suo futuro.

Stefania Longo
13 agosto 2003
Washington, DC USA

 

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