Scritto da Dott.Antonio Stiscia

Cultura Irpina

Da qualche tempo,ho preso a leggere vecchi testi,nell’intento di allontanarmi dallo studio delle ingiallite carte,che se da un lato rinnovano l’entusiasmo per la patria natìa,dall’altra distolgono la mente dalle considerazioni attuali.

Evidentemente mi sbagliavo !

La battaglia appare perduta in partenza !

Dopo le vicende elettorali,che hanno coinvolto tutti e in misura alquanto discutibile,avevo pensato di dedicarmi alla lettura di qualche buona poesia,come estremo rifugio alle materialità .

Mi sono imbattuto in un testo della metà del 700 ,che a prima vista sembrava lezioso e modaiolo,come a ricordare che la  smania celebrativa e pennivendola ha radici antiche ,ma che poi,si è rivelato un compendio di liberalità,per lo spessore culturale

dell’autore e dei personaggi coinvolti,vere icone dell’Illuminismo meridionale. Il  libro di  particolare pregio editoriale,presenta una introduzione accattivante e con evidenti riferimenti a personaggi storici di notevole importanza .

L’autore*,infatti,quasi a giustificare la pubblicazione delle rime,peraltro di buon livello,ne imputa la responsabilità  al Dottissimo Monsignor Filippo de Pirellis (Patrizio di Ariano) e all’eloquentissimo uomo D. Niccolò Jorio .

 

 

 

* Gherardo de Angelis da Eboli,amico di GiovamBattista Vico,poeta e letterato,tra le menti più fresche del 700,precettore di Francesco Mario Pagano,tra i massimi rivoluzionari del suo tempo,giurista e patriota(Repubblica Partenopea …)

 

Dedicazione dell’opera

(leggi il riferimento al De Pirellis e Jorio)

Il De Angelis dedica ben 2 poesie al Pirelli,la prima come  autore di versi sublimi e la seconda a celebrarne la funzione di Cameriere d’onore di Papa Benedetto XIV.

(Filippo Maria Pirelli –patrizio arianese(n.1708+10Gennaio 1771) Cardinale e diplomatico,chiamato a grandi responsabilità e a grandi incarichi fiduciari,è da considerare principalmente un letterato,un fine rimatore  del 700,come tanti altri arianesi e montecalvesi,la cui memoria e i cui scritti sono custoditi in chi sa quale baule o perduti per sempre).

Sembra quasi che, negli anni,si sia data la caccia ai poeti,come gli inglesi fanno con la volpe,creatura troppo intelligente per esser presa(da soli) e troppo libera per esser addomesticata.

La poesia si sa è l’arte dell’anima .

Il poeta non scrive mai per gli altri,ma solo per se stesso,come a voler vergare d’inchiostro(sangue dello scrittore)le proprie ansie e paure,i propri sentimenti e nostalgie,vergognandosi,quasi, di aver passioni.

 

 

(Leggi la 2° poesia dedicata a Filippo de Pirellis-Patrizio di Ariano e quella dedicata all’amico Giambattista Vico)

 

Strana sorte quella dei poeti,sconosciuti e ramenghi in vita,dimenticati dopo la morte.

Consegnati al ricordo di una Piazza  o di una strada del paese natio,più per orgoglio che per riconoscenza,avendo l’uomo più dimestichezza a ricordar gli eroi e gli avvenimenti,che non a sigillare i sentimenti.

Come non ricordare  Pietro Paolo Parzanese, poeta arianese dell’800,ma di origini Montecalvesi (il nonno era  di Corsano, dove prosperano i suoi lontani parenti),un letterato fine,di grande cultura e di sicuro ingegno,che ha lasciato opere di indiscusso valore,significate dalle sue poesie,intrise di una ricercata semplicità,quasi a voler avvicinare alla poesia  il popolo,dando così vita a uno stile che ancor oggi si ricorda come “versi alla Parzanese.”

Nonostante la fama nazionale e internazionale,la Città di Ariano non ha saputo far altro che dedicargli un Busto e un Liceo,quasi a compier un atto dovuto,lasciandone il ricordo al lento incedere del tempo irriconoscente.

Il Liceo Parzanese,tra i primi  del Regno Italico per qualità e per didattica(insieme al Borromeo e al Parini) è diventato un anonimo e dozzinale liceo di provincia,immemore delle menti e delle genialità dei suoi professori  e dei suoi allievi,vanto della terra irpina.

La città immemore,non ha saputo dedicargli nemmeno un Premio Letterario.

Rari i suoi libri,introvabili le sue opere.

Andrebbe creato un Centro Letterario,una sana Accademia di studi  per la riscoperta della tradizione classica di questa parte di Irpinia,di cui si ricorda il nome solo per i Terremoti e per transeunti personaggi di qualche spessore politico.

Siamo intrisi di sigle regionali e di progetti operativi,che scaturiscono più dalla capacità imprenditoriale e lobbystica che non dalla concretezza.

Assistiamo alla nascita di  aziende marziane,di strutture produttive di congetture,di progetti faraonici( solo sulla carta) di ben pagati professionisti.

Pochi,ma scelti ignoranti, sono riusciti a distruggere i legami storici e culturali di un comprensorio,suggerendo delle scelte culturali sbagliate,fondate sul ricordo più che sulle testimonianze,sul sentitodire che sulla prova documentale,in una sorta di grande sagra culturale,organizzata come una Fiera campionaria del  nulla .

Che tristezza !

Rischiamo di perdere la nostra identità culturale,proprio quando non riusciamo a trasmettere il messaggio principale,del perché,per esempio,una Scuola è dedicata ad un determinato Personaggio.

L’autonomia va vista e considerata come momento di caratterizzazione del processo formativo,libero dai vecchi laccioli di sterili circolari ministeriali.

Anziché trovare i punti di incontro storico-culturali tra gli studenti,prendendo ad esempio i padri della cultura irpina (de Sanctis,Dorso,Parzanese,Pirrotti,Mancini………….)ci si va ad avventurare in pseudo programmi formativi,fondati sulla moda del momento,in una scellerata corsa ad attirare curiosità e ad acquisire consenso di nuovi iscritti,appropriandosi di un comportamento che è più consono alla attività di un partito politico(che basa il suo valore sul consenso)che non ad una struttura che,scevra da condizionamenti,ha il solo sacro dovere di trasmettere la conoscenza.

La diffusa ignoranza,la incapacità espressiva dei giovani,un generale senso dell’abbruttimento,un palpabile degrado,conseguenza della deprofessionalizzazione dell’insegnamento,divenuto “mestiere”,sta causando danni difficilmente sanabili.

Si è pensato,erroneamente,che bastava dare autorità agli organi scolastici,per risolvere i problemi,dimenticando che determinate figure professionali,si autoreferenziano con il solo e umano esercizio dell’Autorevolezza,merce rara,sconosciuta ai più e stupidamente identificata col potere.

Se a tutto questo si affianca la Fuga dei nostri Cervelli migliori,il quadro appare veramente desolante.

Come è desolante assistere alla peregrinazione di tanti giovani laureati,umiliati da turbe di analfabeti,che occupano centri di potere e gestiscono la cosa pubblica,che paghi della loro ignoranza,si vestono di un potere decisionistico,frutto dell’incoscienza più che del  coraggio.

Ai giovani una consolatoria frase di Seneca-“Omnia mecum est”.

 

Montecalvo Irpino Aprile 2006

 

Dott.Antonio Stiscia

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